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Archivio Storico Comunale di Vinci

 

 

 

 

 

Lettere a Sua Eccellenza il Barone Bettino Ricasoli

 

introduzione storica

A.S.C.V., pre-unitario, III/22, cc.51v.-53v.; A.S.C.V., pre-unitario, IV/39

«A Sua Eccellenza Il Barone Bettino Ricasoli Presidente del Consiglio dei Ministri in Toscana.

Ai Governi imposti dalla Forza, o se d’origine meno impura, sopportati dai Popoli soltanto per abitudine e per fiacchezza è serbato il testimonio dell’ossequio servile di pochi; ma ai Governi forti, o confermati e fatti stabili dal voto popolare, ed interpreti schietti, animosi, e fedeli della opinione nazionale, tocca l’omaggio spontaneo della moltitudine. Dopoché una Dinastia Austriaca di sangue, e di talenti, abbandonò la Toscana, Voi foste chiamato al reggimento della cosa pubblica. Che quel tempo il raccogliere il potere guasto e diserto, non fu sollecitudine, o appagamento di voglie ambiziose, ma eroismo di carità cittadina, perocchè in mezzo alle commozioni politiche sia breve e facile il passo dall’altare alla polvere. Il Consenso di quanti vanno distinti per cultura di mente e copia di censo, e l’ammorosa simpatia delle Popolazioni, in cui sono quasi un istinto il bene e l’orgoglio della Patria vi hanno confortato nel difficile Uffizio; tutti stimando essere in Voi fermezza di Onore, Sincerità di mente, intenso amore all’Italia e nell’amore della Patria consapevolezza dei fuori bisogni, prudenza di desiderij, costanza di propositi. Due volte innanzi ai rappresentanti della Toscana trovaste il [geilerdone] del passato e il conforto dell’avvenire. E ciò può bastare alla modestia vostra, ed all’attenta curiosità dell’Europa, ma a noi non basta. Noi sentiamo il bisogno di esprimere l’approvazione e la gratitudine per ciò che operaste, e di confessare la fiducia, che poniamo in voi, rispetto a ciò che vi resta a fare; vogliamo sappiano Italia e il mondo civile perché fummo, e come siamo sempre con voi. Siamo con voi, perché accolto il concetto iniziatore della restaurazione della Patria Italiana, respingeste quello della restaurazione di piccoli stati tanto impotenti a far bene, quanto preda facile ed agognata; con Voi, perché a nessun patto accettereste il ritorno di una Dinastia inconciliabile col lume di Italia, col bene e col decoro della Terra, in cui nascemmo; di una dinastia spergiura e tinta del sangue versato a Solferino; con Voi perché ogni detto, ogni vostra parola risponde ai pensieri ed ai palpiti vostri, e da testimonianza del proponimento incrollabile del Popolo Toscano, di essere unito col nome di Italia ed italiani sotto lo scettro costituzionale di Vittorio Emanuele Secondo; E con Voi perché avete saputo eludere i Conati dei Satelliti dei Principi fuggitivi e insieme resistere ai desideri di quanti per l’Italia vedevano elementi di forza là, dove Voi al pari di Noi scorgevate ragione di debolezza; con Voi, perché non già per folle baldanza, ma per coscienza dei comuni diritti, sdegnando frasi coperte ed ambigue, solite alla diplomazia sleale e bilingue, diceste all’Europa, che se il Congresso contrapponesse la violenza delle armi ai diritti vostri, ed alla giustizia, tenteremmo di resistere sebbene certi di soccombere; con Voi, poiché nel consegnare le insegne alla Guardia Nazionale, chiedeste ai militi il giuramento di cittadini e di guerrieri; di guerrieri, che la morte antepongono alla perdita dell’onore e della Patria; ed esortandoli a stringersi intorno al Vessillo tricolore, in cui campeggia la croce Sabauda, sapeste confermarli nel convincimento, che il Simbolo dell’Indipendenza e dell’unione nazionale non ci sarà strappato se noi volremmo. Principi Pentiti, servitorame senza padroni, pubblicisti estemporanei, politici faccendieri, fabbricatori di Governi impassibili, clerici impauriti dalla civiltà che si avanza fanno lor mossa ai danni di Italia. Contro essi confidiamo nell’alta mente e nel cuore generoso di Napoleone III, nel valido e leale patrocinio del Re eletto Vittorio Emanuele, ma confidiamo e ci è caro per sempre confidare anche in Voi, e negli onorevoli Vostri obblighi. Continuate animoso a battere la via, per cui vi metteste; combattete l’errore di chi sogna costituzione di Regni nuovi e di confederazioni, le quali sarebbero Austriache e Papali, piuttosto che italiane; sventate le macchinazioni dei Potenti; [Soclate] le menzogne dei Cortigiani; Recidete le trame degli Ambiziosi. Se L’Europa (lo diciamo con Voi) commettesse un mostruoso abuso di forze, riprovato dalla opinione e dalla coscienza del mondo intiero, osate ripetere le parole, che le indirizzaste nel Memorandum dell’11 novembre = Attaccati tenteremo di respingere, quantunque certi di soccombere, la forza con la forza = E dove venisse il di del cimento chiamateci, e non ci troverete né indecisi, né lenti.Dalla Presidenza COmunitativa di Vinci, Li 27 Gennaio 1860. Il Gonfaloniere Dott. R. Colzi»

A.S.C.V., pre-unitario, III/24, cc.50v.-51r.; A.S.C.V., pre-unitario, IV/39

«A S. E. Barone Bettino Ricasoli già Governatore delle Province Toscane

Eccellenza. Se le nostre parole di incoraggiamento e di encomio non mancarono a confortarvi nel difficile incarico che vi assumeste quando framezzo alle gravi e difficili complicanze che per concitamenti diversi, per sentimento di affetto a straniera dinastia, per temerari conati di reazione vi si destarono contro nell’opera intrapresa di reggere e condurre a salute nel sentiero di rigenerazione e di libertà questa Toscana Provincia abbandonata a se stessa ed in preda agli eventi di politica commozione, torto grave sarebbe ed imperdonabile ingratitudine tacersi oggi che ci inviate la parola del vostro addio, oggi che per voi confortati, forti di vostra fede, costanti nel pericolo, incrollabili nell’idea di unità giungemmo a sciogliere un voto di secoli, compiuto a prezzo di lacrime e di sangue. Ma i gemiti degli oppressi mossero il dito di Dio, e i Troni tocchi da quello scomparvero fra le maledizioni degli uomini. Noi giungemmo ad essere Nazione perché fummo saggi, e saggi ci fecero gli insegnamenti. Lode dunque a chi seppe infonderci la prudenza che non fu sempre nostra virtù, a chi ci affrancò dai pregiudizi di municipio rafforzandoci nel concetto solenne di Una Italia, e non di altro governo; a chi ci ridusse all’amplesso di un monarca che pugnò con noi, e che le nazioni meravigliate lo udirono chiamarsi di un nome che mai portò chi cinse corona; a chi finalmente seguace severo delle antiche virtù gli esempi imitando di Cincinnato e di Lando lasciava di se desiderio carissimo. Incida pure la storia, i tempi, gli uomini, e gli avvenimenti sulle sue tavole di Adamante; noi ci chiuderemo invece nell’intimo del cuore il vostro nome, e il lasceremo in retaggio ai Nipoti dicendo loro che foste grande e che ben meritaste della Patria.»